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Insediamenti ed
Apartheid nei Territori Palestinesi Occupati
Dall’occupazione della Striscia di Gaza e della
Cisgiordania (Gerusalemme Est inclusa), avvenuta
nel 1967, Israele ha cercato di colonizzare i
Territori Palestinesi Occupati attraverso una
politica di costruzione di insediamenti sui
terreni occupati. Gli insediamenti sono la
pietra angolare di un sistema di de facto
apartheid nei territori occupati, comprensivo di
un sistema separato e diseguale di strade, leggi
ed espropriazioni discriminatorie delle risorse
naturali.
Terreno. Nella Striscia di Gaza abitano un
milione e duecentomila palestinesi, ma il 42%
del territorio, che rimane sotto controllo
militare israeliano, è riservato ai 6.000 coloni
israeliani, cioè il 5% della popolazione totale.
In questo 42% sono inclusi aree non adibite agli
insediamenti ma che rimangono sotto il controllo
militare israeliano, come basi militari,
tangenziali che aggirano il territorio
palestinese, ed alcune zone rurali abitate da
palestinesi. I coloni israeliani nella Striscia
di Gaza hanno accesso a più terra pro capita
(699 volte in più) dei residenti nei campi
rifugiati.[6]
Acqua. Israele devia l’88% delle risorse
acquifere dei territori a suo uso e consumo, o
ad uso degli insediamenti.[7] Nella Striscia di
Gaza Israele proibisce ai palestinesi di scavare
nuovi pozzi per uso agricolo, mentre i coloni
continuano a scavare pozzi a loro piacimento. Il
risultato è che il consumo pro capita d’acqua
per i coloni della Striscia di Gaza è di 1.000
metri cubici, contro i 172 palestinesi.[8] Nella
Striscia di Gaza, il governo israeliano mette a
disposizione dei coloni l’acqua ad un quarto del
prezzo dell’acqua per i palestinesi, nonostante
l’enorme differenza di redditi.[9]
Le leggi. Gli israeliani che commettono crimini
nei territori palestinesi occupati, devono
apparire nelle corti civili in Israele, anche se
le leggi nazionali israeliane non dovrebbero
essere applicabili al di fuori dei confini
nazionali. Al contrario, i palestinesi
provenienti dai territori occupati, che vengono
arrestati dalle forze d’occupazione israeliane,
devono affrontare la corte marziale, che non
garantisce gli standard internazionali
riguardanti il diritto ad un giusto processo, e,
per di più, rischiano di essere torturati.[10]
Inoltre le indagini e l’incriminazione di
crimini commessi da coloni nei confronti dei
palestinesi sono raramente equi, permettendo
così la creazione di un clima di impunità tra i
soldati israeliani, i coloni e la polizia. Tra
il 9 dicembre 1987 e il primo aprile 2001, i
coloni israeliani hanno ucciso 119 palestinesi
nei territori occupati, ma ci sono state solo
sei condanne per omicidio, ed una sentenza
all’ergastolo.[11] I coloni godono della piena
protezione e dei benefici dell’essere cittadini
israeliani, ma vivono in una terra che è in
stato di guerra e i cui abitanti sono in pratica
SENZA uno STATO.
Libertà di movimento. Dopo gli accordi di Oslo,
il governo israeliano ha costruito tangenziali
(“bypass roads”), per collegare gli insediamenti
ad Israele, disturbando in questo modo la
contiguità delle aree palestinesi. Alle
intersecazioni con le strade palestinesi,
l’esercito israeliano ferma a volte il traffico
palestinese per lasciar passare i guidatori
israeliani. Inoltre, è vietata qualsiasi
costruzione palestinese nella zona cuscinetto
lungo queste tangenziali. Nella sola
Cisgiordania esistono 340,8 Km di questo tipo di
tangenziali che, insieme alle zone cuscinetto,
coprono 51 Km quadrati. I coloni possono
muoversi da e verso Israele con estrema
facilità, mentre i palestinesi devono affrontare
checkpoints semplicemente per visitare i
villaggi vicini.
Tutti gli insediamenti israeliani nei territori
palestinesi occupati sono illegali secondo la
Quarta Convenzione di Ginevra.[12] Questo è
stato ripetutamente affermato dalle Nazioni
Unite e dai firmatari della Convenzione, ad
eccezione d’Israele. Secondo il diritto
umanitario internazionale, è illegale per una
nazione occupante trasferire parti della propria
popolazione civile all’interno del territorio
che occupa. Inoltre, non è permesso introdurre
alcun cambiamento permanente nel territorio
occupato che non sia a beneficio della
popolazione occupata.
Secondo le immagini offerte dal satellite,
esistono 308 aree di costruzione israeliana nei
territori occupati, escludendo le zone militari.
Di queste 308 aree, almeno 26 si trovano nella
Striscia di Gaza.[13] Circa 400 mila coloni
vivono nei territori palestinesi, la metà dei
quali all’interno o intorno a Gerusalemme est.
La maggioranza dei coloni gode di generosi
incentivi governativi, inclusi tagli nelle
imposte, prestiti e sovvenzioni per il terreno e
le costruzioni, sussidi per l’acqua e
l’agricoltura, scuole pubbliche, e vengono
favoriti nei lavori governativi. Ma nonostante
il peso imposto sul budget dello stato
israeliano dai coloni, esiste un surplus di
almeno 4.000 case nei territori occupati.[14]
Inoltre, il governo israeliano fornisce armi a
molti dei coloni.
Tutti gli insediamenti sono in egual maniera
illegali. Quelli costruiti nelle vicinanze di
Gerusalemme est, cui spesso ci si riferisce come
al “vicinato israeliano” di Gerusalemme, non
sono meno illegali di altri insediamenti.
L’annessione unilaterale di Gerusalemme est non
è stata riconosciuta da alcun governo. Mentre il
governo israeliano considera illegali gli
insediamenti costruiti senza il suo permesso, in
effetti, questa distinzione non ha alcun
significato: tutti gli insediamenti sono
illegali per la Quarta Convenzione di Ginevra.
Gli accordi di Oslo hanno legittimizzato gli
insediamenti posticipando la loro definizione ai
negoziati finali. Gli accordi di Oslo non
richiedevano ad Israele di ritirarsi da alcun
insediamento nei territori occupati. Anzi,
Israele ha espanso i suoi insediamenti ad un
ritmo mai verificatosi, incrementando il numero
dei coloni del 72% da Settembre 1993 a Marzo
2001 (escludendo Gerusalemme est), con un picco
di costruzioni sotto il Primo Ministro Ehud
Barak. Almeno 25 nuovi insediamenti sono stati
stabiliti dal governo israeliano nella
Cisgiordania tra febbraio e ottobre 2001.
Accettando implicitamente la legittimità degli
insediamenti, gli accordi di Oslo violano la
Quarta Convenzione di Ginevra, sulla quale non
si può soprassedere sulla base di altri accordi.
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[6]
Sara Roy, “The Gaza Strip: The Political Economy
of De-Development”, 1995, p.178
[7]
Palestinian Idrology Group, http://www.phg.org/report_02.html
[8]
Ibrahim Mater, “Jewish Settlements, Palestinian
Rights, and Peace – Information Paper Number 4”,
Centre for Policy Analysis on Palestine, January
1996, p. 12
[9]
Jeffrey Dillman, “Water Rights in the Occupied
Territories”, Journal of Plaestine Studies,
Autunno 1989, p.55
[10]
Negli accordi di Oslo, l’Autorità Nazionale
Palestinese (ANP) non ha giurisdizione sui
coloni israeliani, anche se tutti gli
insediamenti nei territori palestinesi occupati
sono illegali secondo il diritto umanitario
internazionale.
[11]
B’Tselem, “Summary of investigations and trials
in cases where Palestinians were killed by
Israeli civilians”, http://wwwbtselem.org/english//Israeli_Civilians/Trials_Of_Is.asp
[12]
“La potenza occupante non potrà procedere alla
deportazione o al trasferimento di una parte
della sua propria popolazione civile nel
territorio da essa occupato”. Articolo 49,
paragrafo 6, della IV Convenzione di Ginevra per
la Protezione delle Persone Civili in Tempo di
Guerra (1949).
[13]
Geografic Information System, Applied Research
Institute Jerusalem
[14]
“Fact Sheet: West Bank & Gaza Strip
Settlements”, Americans for Peace Now,
www.peacenow.org |